
Omar Caccia, Bandoneòn tra Italia e Argentina.
In questa intervista Omar Caccia ci racconta il suo percorso con il bandoneón, dalla prima scintilla di curiosità fino alla ricerca musicale e tecnica che lo accompagna ancora oggi.
Nell’intervista parliamo di cosa significa per Omar suonare questo strumento, quali sono state le decisioni che lo hanno portato a studiare bandoneón al Conservatorio di Buenos Aires, le differenze tra le scuole bandoneonistiche in Europa e in Argentina, e come il bandoneón potrebbe evolversi in futuro.
Indice dei Contenuti
- 1) Come e quando è iniziata la tua storia con il bandoneón?
- 2) Che cos’è per te il bandoneón?
- 3) Quali sono le ragioni che ti hanno portato al bandoneón? Come sono cambiate oggi?
- 4) Buenos Aires e l’Europa: quali sono le differenze tra i due contesti, dal punto di vista della didattica del bandoneón e più in generale della vita musicale?
- 5) Che funzione ha avuto la tua formazione scientifica nel tuo percorso da bandoneonista?
- 6) Chi sono i tuoi bandoneonisti di riferimento?
- 7) E i tuoi compositori di riferimento?
- 8) Hai iniziato suonando il bandoneón a 144 toni. Quali sono le differenze con il 142?
- 9) Quali sono i tuoi progetti e desideri in ambito musicale?
- 10) Riguardando il tuo percorso accademico, lavorativo e musicale, cosa rifaresti e cosa no?
- 11) Che futuro vedi per il bandoneón?
- Approfondimenti
1) Come e quando è iniziata la tua storia con il bandoneón?
Il bandoneón mi ha sempre incuriosito, fin da quando iniziai a suonare un po’ la fisarmonica nel 2007. In quel periodo avevo sentito alcuni dischi di Piazzolla e rimasi colpito da quel suono particolare, così diverso da quello della fisarmonica. Nel 2013 vidi per la prima volta un vero bandoneón e ne rimasi stregato. Scoprii, ad esempio, che il bandoneón permetteva di suonare molta musica classica, cosa impossibile con una fisarmonica tradizionale, se non con una “bassi sciolti”, strumento ingombrante e pesante.
Ma a me piaceva la compattezza del bandoneón e soprattutto la libertà che dà nel combinare le note per poter eseguire gli accordi a completo piacere. In questo senso è anche più versatile del piano perché il bandoneón permette di eseguire accordi con note anche molto distanti tra loro con una sola mano.
Nel 2015 comprai il mio primo bandoneón e iniziai a studiarlo, ma presto capii che era uno strumento esigente e che non potevo impararlo da autodidatta. Così nel 2016 presi le mie prime lezioni con il maestro Francesco Bruno e circa un anno dopo decisi di trasferirmi a Buenos Aires per approfondire questo strumento al Conservatorio “Manuel de Falla”.

2) Che cos’è per te il bandoneón?
Se dovessi riassumere in una sola parola, direi: polifonia. Sicuramente la polifonia è l’aspetto che più mi interessa della musica. Il bandoneón è uno strumento intrinsecamente polifonico e il bello è che in una scatola abbastanza piccola hai le possibilità di un clavicembalo, di un piano, di un coro polifonico, in certi casi persino di un organo a canne o di un’orchestra.
3) Quali sono le ragioni che ti hanno portato al bandoneón? Come sono cambiate oggi?
All’inizio cercavo nel bandoneón uno strumento completo e che fosse trasportabile, e che mi desse la possibilità di suonare qualsiasi repertorio. Oggi giorno sono un po’ cambiato in questo ultimo senso. Sebbene il bandoneón permetta di suonare qualsiasi repertorio, non tutto ciò che vi si esegue suona necessariamente bene.
In altre parole, il fatto che si “possa fare” non implica automaticamente che si “debba fare”. Quindi da qualche anno mi sto concentrando sulla ricerca acustica con il bandoneón, oltre che su quella tecnico esecutiva.
4) Buenos Aires e l’Europa: quali sono le differenze tra i due contesti, dal punto di vista della didattica del bandoneón e più in generale della vita musicale?
Dopo 7 anni vissuti stabilmente a Buenos Aires posso dire che nella capitale argentina, e in generale in tutto il paese, la musica è un po’ più sentita rispetto che da noi in Italia. Suonare uno strumento, anche solo per diletto, è più comune che da noi, ed esistono diverse tradizioni musicali che sono ancora vive e attive e dove si sperimenta molto: in primis il tango, ma anche il cosiddetto folklore (principalmente zambas, chacareras, chamamé).
Dal punto di vista della didattica bandoneonistica l’Argentina può contare su di una tradizione molto più vasta nell’insegnamento, semplicemente perché in Argentina il bandoneón si è suonato molto e fondamentalmente non è mai caduto completamente nel dimenticatoio. Quindi le offerte didattiche in Argentina sono numerose e variate, così come la disponibilità di insegnanti privati.

Per quanto riguarda il bandoneón in contesti accademici, è dagli anni ‘50 che viene considerato strumento da Conservatorio e viene trattato al pari del piano, infatti condivide moltissimo del programma di studio del pianoforte. La formazione del bandoneonista in Conservatorio punta al concertismo, infatti gli esami sono dei veri e propri concerti da solista della durata di un’ora e a volte anche di più.
Invece le altre scuole argentine che non sono Conservatori si concentrano più su linguaggi musicali specifici come quello del tango o del folklore e danno meno spazio allo studio di repertori non prettamente caratteristici del bandoneón. In questi casi si da più spazio alla musica di insieme, ma anche all’arrangiamento e all’improvvisazione.
In generale ho notato un livello medio di virtuosismo con il bandoneón che in Europa non è stato ancora raggiunto, e ovviamente non sto parlando dei maestri argentini che si sono trasferiti nel Vecchio Continente. Questo è facilmente spiegabile col fatto che in Argentina i ragazzi iniziano presto a suonare il bandoneón; inoltre è molto facile entrare in contatto con i grandi maestri e i virtuosi dello strumento.
Tuttavia c’è un punto a favore della nascente tradizione bandoneonistica europea: la fortissima eredità bandoneonistica dell’Argentina, se da un lato è una grande ricchezza, dall’altro secondo me limita l’esplorazione di altri generi con il bandoneón. In questo senso quindi mi sembra interessante ció che sta accadendo in Europa, ovvero che musicisti provenienti dalle tradizioni musicali più disparate si stanno avvicinando al bandoneón con obiettivi diversi dal suonare esclusivamente tango.
5) Che funzione ha avuto la tua formazione scientifica nel tuo percorso da bandoneonista?
Nonostante spesso si dica che musica e matematica hanno molto in comune, non sento che la formazione logico-matematica che ho ricevuto studiando Fisica all’Università mi abbia facilitato dal punto di vista strettamente musicale. Si, è vero, la musica si basa in parte su processi matematici ma sarebbe sbagliato ricondurre la musica nella sua interezza a dei fondamenti puramente razionali.
Per quanto mi riguarda posso però dire che la formazione ricevuta mi abbia aiutato moltissimo soprattutto nell’apprezzare il valore del metodo. In Fisica e in Matematica il metodo è fondamentale. In campo musicale il metodo è ciò che fa la differenza tra l’impossibile e il realizzabile… magari realizzabile con difficoltà, ma comunque fattibile.
6) Chi sono i tuoi bandoneonisti di riferimento?
Sicuramente Rodolfo Daluisio, mio maestro al Conservatorio di Buenos Aires, è stato colui che ha influenzato maggiormente la mia visione sullo strumento. Aggiungerei inoltre Julio Coviello, mio secondo insegnante al Conservatorio dopo il pensionamento di Daluisio, e Amijai Shalev, entrambi allievi diretti di Daluisio. Ho avuto la fortuna di conoscerli a Buenos Aires, e il loro insegnamento ha ampliato moltissimo la mia percezione e conoscenza del bandoneón.
Anche Francesco Bruno, mio primo maestro in Italia, e Fabio Furia sono stati fondamentali nel mio percorso. Le conversazioni con entrambi mi hanno chiarito molti aspetti dello strumento, contribuendo a definirne la mia visione.
Néstor Marconi, col quale ho studiato per due anni presso la SADAIC, mi ha trasmesso un senso di spontaneità e di relax al bandoneón e questo mi ha motivato a compiere una ricerca specifica (ancora in corso) sull’esecuzione a partire dalle sensazioni posturali e corporee, tramite la tecnica Alexander.

Durante la mia esperienza a Buenos Aires ho incontrato tantissimi bandoneonisti. Non posso dire di aver appreso qualcosa da ognuno di loro, ma ciascuno mi ha trasmesso una propria idea dello strumento. Alcune di queste visioni le condivido, altre no, ma ciò che conta è aver avuto l’opportunità di osservare il bandoneón da prospettive diverse.
Infine, un aneddoto: presi la decisione di trasferirmi a Buenos Aires dopo aver ascoltato un concerto del Mosalini-Teruggi Quartet, al termine di una masterclass in Sardegna organizzata da Fabio Furia nell’agosto del 2017. Quella musica mi colpì così tanto che mi dissi: se vai a studiare bandoneón a Buenos Aires, devi fermarti almeno sei mesi. Alla fine, ci sono rimasto sette anni. Per questo, considero anche Juan José Mosalini Junior tra i bandoneonisti che mi hanno influenzato maggiormente.
7) E i tuoi compositori di riferimento?
Da alcuni anni mi sono “fissato” con Maurice Duruflé, che dal mio punto di vista rappresenta la sintesi perfetta tra linguaggio musicale antico e moderno. Vedi, quando la musica è entrata in crisi ha spesso cercato ispirazione nel passato. È una formula sempre valida ma credo sia sbagliato limitarsi alla pura e semplice imitazione o alla ricerca della perfezione formale di uno stile antico.
La parte più interessante del guardare verso il passato è utilizzare soluzioni antiche e rodate per problemi nuovi, moderni. Gli antichi non avevano tutte le risposte quindi è un errore pensare che le loro soluzioni così come sono vadano bene per i nostri problemi musicali. Allo stesso tempo sbaglia chi pretende di innovare rompendo tutti i ponti con la tradizione.
Invece chi riesce ad adattare le soluzioni “antiche” ai problemi moderni attinge ad una tradizione favolosa e ricchissima, rinnovando il linguaggio. Per me la musica di Duruflé incarna lo spirito di questa sintesi ed ecco perché in questo momento lo ritengo il compositore più significativo per la mia ricerca musicale.
8) Hai iniziato suonando il bandoneón a 144 toni. Quali sono le differenze con il 142?
Iniziai con il modello 144 perché economicamente era più accessibile rispetto ai 142. Parliamo di una differenza di prezzo di quasi 1 a 10! Dopo aver cercato inutilmente un 142 a un prezzo a me accessibile per due anni, alla fine mi arresi e comprai un 144, e dopo averlo esaminato bene mi resi conto che in fin dei conti era un bandoneón. Le differenze con il 142 non erano poi tante, e anzi il 144 risolve il problema delle “note mancanti” del 142. Infatti il 144 fu sviluppato nel 1924 per unificare le molteplici versioni di bandoneón dell’epoca, migliorando la disposizione dei tasti e risolvendo problemi di note mancanti e di distanza, specialmente nei bassi.
Tuttavia con negli ultimi 2 anni ho iniziato la transizione verso il bandoneón 142, principalmente per questioni pratiche: sto realizzando delle trascrizioni e il 142 è in fin dei conti il bandoneón più suonato al mondo.
Inoltre la maggior parte dei 144 in genere ha il tremolo, perché erano destinati alla musica popolare tedesca. Per quanto possa essere un tipo di suono interessante, il tremolo non è versatile quanto il suono “all’ottava” del bandoneón, che ne è anche il tratto distintivo. Io possiedo un bandoneón 144 accordato all’ottava e con i pettini in zinco, ma questi tipi di strumento sono una rarità. Se lo perdessi non riuscirei facilmente a trovarne un altro.
Il mio “nuovo” strumento è un Doble A pre guerra Jugendstil II (chiamato in Argentina trés cuartos nácar) che ho trovato a Buenos Aires. Esteticamente era in condizioni pessime ma per fortuna le voci erano sane. L’ho fatto riparare un po’ alla volta: ho fatto cambiare il mantice, meccanica rifatta, tasti nuovi, e infine accordatura. È venuto fuori un bellissimo strumento, morbidissimo da suonare, con un suono potente ed equilibrato. L’ho chiamato Vicente.

Devo riconoscere che i bandoneón 142 pre guerra, forse perché destinati all’esigente mercato rioplatense, o forse semplicemente perché sono stati suonati molto, hanno una resa migliore in termini acustici rispetto ai 144. Inoltre il 142 è un po’ più piccolo e un po’ più leggero del 144 e questo è un vantaggio se si suona con la tecnica insegnata dal maestro Daluisio.
9) Quali sono i tuoi progetti e desideri in ambito musicale?
Ho fondamentalmente 3 desideri/progetti: in ordine sparso e non di importanza sono l’insegnamento, il concertismo e l’arrangiamento.
Vorrei specializzarmi nell’insegnamento del bandoneón perché la docenza mi ha sempre accompagnato nel corso della mia vita e mi piace molto insegnare. Sai veramente fare qualcosa solo quando la sai anche trasmettere a qualcun altro.
Il concertismo è l’incarnazione del mio desiderio di portare avanti le mie ricerche musicali e di condividerle attraverso concerti come solista di bandoneón.

Mi piacerebbe poi fare arrangiamenti da usare in un contesto “di ensemble”, magari suonando qualcosa che non è prettamente bandoneonistico ma che con il contributo di questo strumento, così come con qualcosa preso dal linguaggio del tango e con una commistione di altri generi mi permetta di esplorare l’aspetto compositivo e del suonare in un gruppo col bandoneón.
Infine c’è il progetto della Bottega del Bandoneón, con Francesco Bruno, nel quale ci dedichiamo alla diffusione della cultura del bandoneón in Italia, oltre che a rendere disponibili le nostre conoscenze sia in termini didattici, sia come laboratorio di intervento e manutenzione, sia fornendo strumenti a noleggio. Se questa cosa fosse esistita quando mi avvicinai al bandoneón tutto sarebbe stato molto, molto più semplice.
10) Riguardando il tuo percorso accademico, lavorativo e musicale, cosa rifaresti e cosa no?
A volte ci penso, ho un po’ il rimpianto di non aver iniziato a studiare seriamente la musica da ragazzo. È stato il bandoneón a obbligarmi a studiare seriamente ed ero già grande quando presi questa decisione. Quindi a volte scambierei volentieri i miei studi in fisica e oltre dieci anni nel web marketing con un corso di pianoforte o di arrangiamento musicale.
Ma in fin dei conti quello che ho fatto è il risultato delle mie azioni passate, pertanto non ha molto senso pensare di cambiarle. Credo di essere arrivato al bandoneón quando avevo la serietà e la maturità necessarie per dedicarmi ad uno strumento tanto affascinante quanto esigente.
11) Che futuro vedi per il bandoneón?
Dal mio punto di vista il bandoneón sta vivendo una seconda giovinezza grazie alla sempre maggior diffusione della musica di Piazzolla e grazie al fatto che il mondo si è fatto “più piccolo” per via dell’Internet. Secondo molti questa onda è destinata a crescere, secondo altri invece è una specie di bolla che raggiungerà un massimo, una nicchia, e si manterrà nel tempo o subirà un recesso. Io non ho la sfera di cristallo ma posso fare un’analisi se guardo al passato.
In passato il bandoneón ebbe molta diffusione grazie a tre fattori interdipendenti: c’era un genere musicale molto popolare che lo riteneva indispensabile (il tango), quindi c’era molta richiesta di strumenti, quindi c’erano diverse fabbriche che garantivano qualità e quantità ad un prezzo relativamente moderato.
Dal mio punto di vista il bandoneón avrà un futuro se si verificano tre condizioni: la prima è che si emancipi dal tango e venga scoperto anche in altri stili e generi. La seconda condizione è che sempre più persone lo suonino, soprattutto iniziando da bambini. Infine la terza condizione necessaria è che il bandoneón diventi uno strumento più accessibile, come costo e reperibilità.

Infine, personalmente credo sia necessario ripensare il bandoneón dal punto di vista ergonomico e dei materiali. Gli strumenti moderni vengono realizzati sulla falsariga di modelli che si fermarono agli anni ‘40 del secolo scorso dal punto di vista della progettazione. Questa cosa non è mai successa nella storia: tutti gli strumenti musicali sono in processo di evoluzione continua.
Invece col bandoneón qualcuno ha detto che i Doble A degli anni ‘30 sono perfetti e non c’è bisogno di perfezionarli e quindi non si investono tempo ed energie per ripensare o ottimizzare lo strumento. Pensa se qualcuno avesse fatto lo stesso con il pianoforte all’epoca di Mozart!
Io credo che i costruttori di bandoneón dovrebbero avere il coraggio di proporre delle innovazioni e migliorie, magari cominciando con il correggere il problema delle note mancanti nel 142 e proponendo una tastiera migliorata come un nuovo standard per lo strumento.
Approfondimenti
- Sito Web Personale di Omar Caccia;
- Sito Web Personale di Rodolfo Daluisio;
- Home Page “La Bottega del Bandoneón”;
- Sito Web Conservatorio Manuel de Falla, Argentina;