
Bandoneón, pianoforte e amore per la Musica.
In questa intervista a Claudio Constantini conosceremo uno dei bandoneonisti più interessanti del panorama musicale internazionale. Rinomato concertista di pianoforte e bandoneón oltre che compositore, la sua esperienza musicale spazia dal tango alla musica classica, dal jazz alla musica popolare. Siamo onorati di potere intervistare Claudio e lo ringraziamo profondamente per aver condiviso qui la sua esperienza.
Indice dei Contenuti
- Ciao Claudio, raccontaci: come sei arrivato al bandoneón e cosa ti affascina di questo strumento?
- In che modo lo studio e la conoscenza del pianoforte ti influenzano nella pratica del bandoneón?
- Cosa pensi che un bandoneonista possa imparare da un pianista (e viceversa)?
- Quali sono i tuoi bandoneonisti di riferimento?
- E quali sono i tuoi pianisti di riferimento?
- La tua esperienza musicale spazia dalla classica al tango e al jazz: come riesci a conciliare questi tre generi?
- Qual'è la tua routine di studio?
- Sei molto attivo sulle reti sociali. Quali sono secondo te gli aspetti positivi e quelli negativi di questa forma di promozione?
- Parlando del bandoneón: quali sono dal tuo punto di vista le virtù e i difetti di questo strumento?
- Hai esperienza con i bandoneón di nuova produzione? Trovi differenze rispetto agli strumenti vintage?
- Che futuro vedi per il bandoneón?
- Cosa consiglieresti a coloro che vogliono iniziare a studiare il bandoneón?
- Quali sono i tuoi prossimi progetti musicali?
- Per approfondire:
Ciao Claudio, raccontaci: come sei arrivato al bandoneón e cosa ti affascina di questo strumento?
Un saluto a tutti i lettori del blog! Sono arrivato al bandoneón come tante persone che come me, non sono dell’Argentina: attraverso la musica di Astor Piazzolla. Scoprii un disco di Piazzolla a casa dei miei genitori e per curiosità lo ascoltai.
Appena lo ascoltai diedi di matto! Non avevo mai sentito musicalmente niente di simile nella mia vita, e poi c’era quel suono così speciale, di quello strumento che non conoscevo, il bandoneón. Mi ha affascinato fin dal primo istante. Stavo studiando pianoforte e il mio sogno da quel momento è stato anche quello di poter suonare il bandoneón.
Anni dopo comprai il mio primo bandoneón (a 21 anni) e realizzai il mio sogno. Mi affascinano molte cose di questo strumento ma soprattutto il modo in cui mi connetto così profondamente con lui, diventa letteralmente un’estensione del mio corpo quando lo suono, a differenza del pianoforte che è sempre separato da me fisicamente. Con il bandoneón devo “connettermi” a livello fisico.
In che modo lo studio e la conoscenza del pianoforte ti influenzano nella pratica del bandoneón?
Il pianoforte e il bandoneón sono due strumenti completamente diversi da avvicinare, tuttavia per me si completano perfettamente. Il pianoforte non ha la capacità di sostenere una nota o di “respirare” come fa il bandoneón. Il “legato” nel pianoforte è in realtà fittizio, si deve crearlo con variazioni nelle dinamiche con il tocco dello strumento, mentre nel bandoneón l’unica limitazione nella durata di una nota è l’estensione del mantice.
A livello tecnico l’unica cosa che aiuta nell’esecuzione sia nel piano sia nel bandoneón è semplicemente l’agilità delle dita; nel mio caso ero già un pianista quasi professionista quando ho iniziato con il bandoneón (mi restavano due anni di studio superiore per laurearmi da pianista). Ma imparare il bandoneón da zero (e senza insegnante) mi è costato molto tempo, e solo una volta che avevo già familiarità con la tastiera potevo davvero applicare quella destrezza e flessibilità delle dita/mani al bandoneón.
Cosa pensi che un bandoneonista possa imparare da un pianista (e viceversa)?
Entrambi gli strumenti sono polifonici, quindi con entrambi possiamo eseguire melodia e accordi allo stesso tempo, così come voci indipendenti (contrappunto). Tuttavia, il bandoneón è molto più limitato in entrambe le cose rispetto al pianoforte; quindi in un ensemble dove ci sono entrambi gli strumenti normalmente il pianoforte si occuperà della struttura armonica e ritmica, mentre il bandoneón interpreterà le melodie.

Paradossalmente, ci sono pianisti che “cantano” in modo più espressivo di alcuni bandoneonisti, e bandoneonisti che delineano le strutture armoniche in modo più definito di alcuni pianisti. Quello che voglio dire è che tutti i musicisti possono imparare qualsiasi cosa da qualsiasi strumento; anche un cantante può imparare qualcosa sul canto ascoltando una chitarra o persino uno strumento a percussione. La curiosità e la mente aperta permettono di imparare sempre.
Quali sono i tuoi bandoneonisti di riferimento?
Il primo è indiscutibilmente Astor Piazzolla, per la ragione esposta in risposta alla tua prima domanda. Ma ci sono altri che mi hanno influenzato enormemente e che porto sempre dentro quando suono il bandoneón. Senza ordine di preferenza sono Leopoldo Federico, Juan José Mosalini, Dino Saluzzi, Daniel Binelli, Aníbal Troilo, Nestor Marconi.
Menzione a parte merita Victor Villena che fu il mio unico maestro di bandoneón e un musicista veramente completo, che ammiro e a cui devo molto. E anche Rodolfo Daluisio che, con Alejandro Barletta, hanno fatto nascere in me l’ambizione di suonare i grandi classici col bandoneón.
E quali sono i tuoi pianisti di riferimento?
Sono quattro. In primo luogo Arthur Rubinstein, che considero il mio riferimento musicale numero uno in assoluto. A seguire gli altri tre che amo allo stesso modo: Sviatoslav Richter, Emil Gilels, e Claudio Arrau, che era anche il maestro del mio maestro, Aquiles Delle Vigne.
La tua esperienza musicale spazia dalla classica al tango e al jazz: come riesci a conciliare questi tre generi?
In nessun modo particolare. Suono la musica che amo perché desidero suonarla, e cerco di farlo sempre al meglio. Non ho preconcetti sul fatto che un certo genere sia più difficile o che un contesto che non conosco. Per conoscere un contesto bisogna “correre il rischio” ed entrarci.
Qual’è la tua routine di studio?
Con una figlia, due strumenti musicali da studiare, vari progetti e molte cose da fare la mia routine di studio è: studio quando posso! Ci sono giorni o addirittura intere settimane in cui non posso studiare come vorrei, che per me significa studiare con concentrazione e ispirazione.

È assolutamente impossibile per me fare musica senza sentirmi emotivamente coinvolto, fosse anche una sessione di otto ore di studio. Credimi, ci ho provato, ma è impossibile. Anche gli esercizi più monotoni da ripetere mi suonano sempre musicalmente e con sentimento.
Sei molto attivo sulle reti sociali. Quali sono secondo te gli aspetti positivi e quelli negativi di questa forma di promozione?
I social media sono come un coltello: puoi usarlo a tavola, durante un ricco pranzo in famiglia, dove condividere gioia e pienezza. Oppure puoi usarlo per ferire qualcuno. Nel mio caso, decido di concentrarmi solo sugli aspetti positivi dei social media, perché quello che voglio offrire al mondo è positivo.
Ed è quello che cerco di fare ogni giorno dal mio piccolo angolo di mondo a Madrid. Ogni giorno ricevo messaggi da persone grate di poter ricevere la musica come un dono, grazie a ciò che condivido. Questo è molto più grande e importante di ciò che suono, o del prestigio, o di ciò che altri musicisti o persone possano pensare di me. Se il tuo scopo di vita è contribuire positivamente alla vita delle persone,i social media sono una benedizione. In questo senso costituiscono uno strumento di diffusione gratuito che permette di raggiungere tale scopo.
Questo è solo uno dei tanti usi positivi che puoi fare delle reti sociali. Gli aspetti positivi o negativi dei social media sono un filo diretto con i lati positivi o negativi del comportamento delle persone.
Parlando del bandoneón: quali sono dal tuo punto di vista le virtù e i difetti di questo strumento?
Sono un po’ riluttante a segnalare virtù o difetti, perché vedo il mio strumento (e qualsiasi strumento) come conseguenza del bisogno di espressione umana. Come tutti gli strumenti, si è evoluto a partire dal suo “antenato”, quel primo prototipo nato come idea nella testa di una persona o di un collettivo.
Si è quindi adattato alle esigenze interpretative delle persone lo suonano. In questo senso potremmo dire che qualsiasi strumento è essenzialmente perfetto e imperfetto allo stesso tempo, come gli umani stessi che lo creano e perfezionano. Forse le mie risposte sono un po’ “olistiche” e poco chiare. In ogni caso, preferisco definire me stesso come imperfetto prima di incolpare il mio povero bandoneón, che accetto e amo per come è, con tutte le sue caratteristiche.
Hai esperienza con i bandoneón di nuova produzione? Trovi differenze rispetto agli strumenti vintage?
Ho uno splendido Doble A del 1939, stando a quanto riferitomi da un liutaio. Ce l’ho da 16 anni, è il secondo bandoneón che ho comprato; il primo è stato un Premier che ho usato per due anni. Questa è stata la mia unica esperienza approfondita con il bandoneón.

Detto questo, ho potuto sentire e provare nuovi bandoneón, con risultati incredibili. Due strumenti che ho trovato eccezionalmente buoni erano un Doble AA di nuova produzione, e uno di Baltazar Estol. Penso di procurarmente uno di entrambi in futuro, per il momento mi accompagna un solo bandoneón.
Che futuro vedi per il bandoneón?
Non posso prevedere quale futuro avrà il bandoneón. Da un lato vedo che adesso ci sono più bandoneonisti rispetto a prima. Non so se è perché Internet dia loro una maggiore visibilità, o se lo strumento stia pian piano diventando più popolare. Mi sbilancio dicendo che potrebbe trattarsi della seconda opzione.
Non credo che diventerà mai uno strumento “mainstream”, perché in questo senso non può competere con la popolarità del pianoforte, violino o chitarra. È uno strumento molto complesso da imparare, e al di fuori dell’Argentina e di un paio di luoghi specifici nel mondo, è molto difficile trovare un insegnante o vedere altri bandoneonisti suonare dal vivo.
Io sogno di portare il bandoneón in tutto il mondo. Ho eseguito concerti con questo strumento in più di 30 paesi, ce ne sono ancora parecchi da visitare. E desidero che il mondo si innamori del bandoneón, che veda quanto è incredibile questo strumento e come sia in grado di interpretare tutti gli stili musicali. Per questo mi concentro sul suonare soprattutto musica che non sia tango, perché anche se amo il tango, la maggior parte della musica che viene eseguita al bandoneón è tango.
Più il bandoneón resta vincolato a questo genere e a questa tradizione, minore sarà la popolarità e la portata di questo strumento; salvo che il tango conquisti di nuovo il mondo come all’inizio del XX secolo, un’opzione che non è da escludere.
Cosa consiglieresti a coloro che vogliono iniziare a studiare il bandoneón?
Chi vuole iniziare a studiare il bandoneón ha oggi un enorme vantaggio rispetto alle generazioni passate: Internet. Quindi il mio consiglio è: ascoltate tutta la musica possibile per il bandoneón. Passate del tempo di qualità con il vostro strumento. Studiate con amore, pensate alla bella musica che potrete suonare una volta superato l’enorme ostacolo di imparare la tastiera aprendo e chiudendo. Se decidete di inoltrarvi in questo mondo vi aspettano momenti di immensa felicità e pienezza.
Quali sono i tuoi prossimi progetti musicali?
Da un lato continuo la mia attività concertistica come pianista classico e bandoneonista. Mi dedico quindi ai recital in cui interpreto i grandi compositori ai concerti come solista d’orchestra, oltre ai miei progetti già iniziati, come il mio ultimo disco Incandescence che viaggia nel mondo del jazz e dell’improvvisazione.
Ma il mio più grande progetto di vita è quello di raggiungere quante più persone possibile e dare loro un momento irripetibile che porta qualcosa di positivo nella loro vita. Io credo nell’infinito potere della musica come elemento conciliante delle persone e fonte illimitata di amore e bellezza.
È qualcosa di spirituale, quasi come una divinità. Se riesco a trasmetterlo anche solo ad alcune persone, sto raggiungendo il mio obiettivo di rendere il mondo un posto bellissimo in cui vivere grazie alla musica. Tutti i miei progetti musicali partono da questo desiderio di base, ed è questo che rende il mio lavoro per me davvero importante, al di là di qualsiasi progetto in sé che è solo uno strumento per manifestare tale desiderio.
Per approfondire:
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